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.Avevo sempre l'impressione che mio padre fossein guerra con qualcuno.Come se dovesse svolgere una battaglia con alleanze, precauzioni, macchinoni.Andare in un albergo due stelle per mio padre era come perdere prestigio verso qualcuno.Come sedovesse rendere conto a un'entità che l'avrebbe punito con violenza se non avesse vissuto nella ricchezzae con un atteggiamento autoritario e buffonesco."Il migliore, Robbe', non deve avere bisogno di nessuno, deve sapere certo, ma deve anche fare paura.Se non fai paura a nessuno, se nessuno guardandoti non si mette soggezione, allora in fondo non seiriuscito a essere veramente capace."Quando andavamo a mangiare fuori, nei ristoranti si sentiva infastidito dal fatto che spesso i camerieriservivano, anche se entravano un'ora dopo di noi, alcuni personaggi della zona.I boss si sedevano edopo pochi minuti ricevevano tutto il pranzo.Mio padre li salutava.Ma tra i denti strideva la voglia diavere il loro medesimo rispetto.Rispetto che consisteva nel generare eguale invidia di potenza, egualetimore, medesima ricchezza."Li vedi quelli.Sono loro che comandano veramente.Sono loro che decidono tutto! C'è chi comanda leparole e chi comanda le cose.Tu devi capire chi comanda le cose, e fingere di credere a chi comanda leparole.Ma devi sempre sapere la verità in corpo a te.Comanda veramente solo chi comanda le cose." Icomandanti delle cose, come li chiamava mio padre erano seduti al tavolo.Avevano deciso della sorte diqueste terre da sempre.Mangiavano assieme, sorridevano.Negli anni poi si sono scannati tra loro,lasciando scie di migliaia di morti, come ideogrammi dei loro investimenti finanziari.I boss sapevanocome rimediare allo sgarbo d'essere serviti per primi.Offrivano il pranzo a tutti i presenti nel locale.Masolo dopo essersene andati, temendo di ricevere ringraziamenti e piaggerie.Tutti ebbero il pranzo pagato,tranne due persone.Il professore lannotto e sua moglie.Non li avevano salutati, e loro non avevanoosato offrirgli il pranzo.Ma gli avevano fatto dono, attraverso un cameriere, di una bottiglia di limoncello.Un camorrista sa che deve curarsi anche dei nemici leali poiché sono sempre più preziosi di quellinascosti.Quando dovevo ricevere un esempio negativo mio padre mi additava il professor Iannotto.Erano stati a scuola insieme.Iannotto viveva in fitto, cacciato dal suo partito, senza figli, sempreincavolato e mal vestito.Insegnava al biennio di un liceo, lo ricordo sempre a litigare con i genitori che glichiedevano a quale suo amico mandare i figli a ripetizione privata per farli promuovere.Mio padre loconsiderava un uomo condannato.Un morto che camminava.Generated by ABC Amber LIT Converter, http://www.processtext.com/abclit.html"È come chi decide di fare il filosofo e chi il medico, secondo te chi dei due decide della vita di unapersona?""Il medico!""Bravo.Il medico.Perché puoi decidere della vita delle persone.Decidere.Salvarli o non salvarli.Ècosì che si fa il bene, solo quando puoi fare il male.Se invece sei un fallito, un buffone, uno che non fanulla.Allora puoi fare solo il bene, ma quello è volontariato, uno scarto di bene.Il bene vero è quandoscegli di farlo perché puoi fare il male."Non rispondevo.Non riuscivo mai a capire cose volesse realmente dimostrarmi.E in fondo non riesconemmeno ora a capirlo.Sarà anche per questo che mi sono laureato in filosofia, per non decidere alposto di nessuno.Mio padre aveva fatto servizio nelle ambulanze, come giovane medico, negli anni '80.Quattrocento morti l'anno.In zone dove si ammazzavano anche cinque persone al giorno.Arrivava conl'autoambulanza, quando però il ferito era per terra e la polizia non ancora arrivata non si potevacaricarlo.Perché se la voce si spargeva, i killer tornavano indietro, inseguivano l'autoambulanza, labloccavano, entravano nel veicolo e finivano di portare a termine il lavoro.Era capitato decine di volte, esia i medici che gli infermieri sapevano di dover star fermi dinanzi a un ferito e attendere che i killertornassero per finire l'operazione.Una volta mio padre però arrivò a Giugliano, un paesone tra ilnapoletano e il casertano, feudo dei Mallardo.Il ragazzo aveva diciotto anni, o forse meno.Gli avevanosparato al torace, ma una costola aveva deviato il colpo.L'autoambulanza arrivò subito.Era in zona.Ilragazzo rantolava, urlava, perdeva sangue.Mio padre lo caricò.Gli infermieri erano terrorizzati.Tentarono di dissuaderlo, era evidente che i killer avevano sparato senza mirare e erano stati messi infuga da qualche pattuglia, ma sicuramente sarebbero ritornati.Gli infermieri provarono a rassicurare miopadre: "Aspettiamo.Vengono, finiscono il servizio e ce lo portiamo".Mio padre non ce la faceva.Insomma, anche la morte ha i suoi tempi.E diciotto anni non gli sembrava iltempo per morire, neanche per un soldato di camorra
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