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.Ada si stupí, si fermò un istante a considerare se cifossero argomenti contro la mia decisione, ne tentò alcu-ni, poi, al solito, prevalse il suo timore di insistere, di co-stringere. Se hai deciso cosí, pazienza.Ero irritata contro me stessa per questa mia fuga, etuttavia mi piaceva ritrovarmi sola, a tu per tu con lastrada.La strada era distesa, come morta, sotto la neve.Etutt intorno uno stupore e insieme quell appagamento,come di chi ha avuto risposta, che riposa sulla faccia deimorti.Il cielo, greve ancora di neve prossima, risponde-va alla purezza della terra come torbido caos, negazione,nulla.Quando fui sul ponte, e apparve la città nera e bian-ca, mi resi conto che uno dei motivi della mia fuga eraanche stato il timore che le cugine fossero in pensieroper me.Sapevo che la cosa doveva sembrare quasi in-concepibile a loro.Letteratura italiana Einaudi 52 Lalla Romano - Tetto muratoXIXDiventata la piazza un deserto di neve, i giorni dimercato le bancarelle venivano allineate sotto i portici,che diventavano uguali a corsie o corridoi stipati, per-corsi da soffi d aria gelata.Il mercato contadino, un tempo allegro come una fie-ra, era ridotto a un offerta di lana greggia, unta e bruna,e di qualche arnese campestre primitivo, di fattura arti-giana.Camminavo sballottata dalla piccola folla di paesaniche si muovevano ciecamente come armenti, l occhiofisso e un po smarrito.Folla di vecchi e di donne: i gio-vani non si arrischiavano a scendere in città, dopo che,giorni addietro, «quelli della Muti» avevano stracciato lecarte a una ventina, e li avevano deportati.Indugiai tra i lenti spintoni come fra lenti fianchi dimucche, davanti alla bancarella che esponeva pettini,specchietti, monili da poche lire.Scelsi una spilla in forma di scoiattolo, puntata sopraun cartoncino; me l avvolsero in un pezzetto di cartablu, sgualcito.Cacciai l involtino in fondo alla tasca del pellicciotto.La foderata della tasca sovente era scucita: per la via miassicurai piú volte con la mano, che l involtino ci fosseancora.Quando fui arrivata, mentre battevo i piedi sullo sca-lino per scuotere la neve, estrassi l involtino blu: eravuoto, chiuso e piatto come il guscio di un insetto mor-to.Rimasi costernata, ma per poco; la fodera della tasca,irregolare per le frequenti ricuciture, aveva dei sottofon-di dove lo scoiattolino si era cacciato.Nani era appunto nella cucina, seduta sul suo sgabel-lino, ai piedi di Domenica.Domenica stava facendo lapasta per i gnocchi, aveva mischiato patate e farina e da-Letteratura italiana Einaudi 53 Lalla Romano - Tetto muratova grandi colpi sulla madia.Di tanto in tanto gettava ingrembo a Nani pezzetti di patata, i piú duri, quelli chenon riusciva a impastare, come a un cane.Nani li pren-deva con due dita e li masticava adagio, con la boccachiusa, eretta sulla piccola persona, con la consueta di-gnità.Arrossendo di gioia prese la spilla e la mostrò a Do-menica, che la considerò stringendo le labbra ammirati-vamente, e facendo vigorosi cenni col capo. Come sta il professore?  domandai a lei.La faccia di Domenica espresse perplessità, poi inten-sa quanto inutile concentrazione: Non saprei proprio,  disse alla fine.Su, trovai Ada con la faccia «cattiva».Dava le spalle alla stufa: era il suo atteggiamentoquando stava ferma.Si scaldava la schiena, e finiva sem-pre con lo strinare i vestiti, il che accentuava la sua ariatra aristocratica e zingaresca, specie quando indossava lavestaglia (eredità della mamma di Paolo) di velo aran-cione e rameggi di velluto nero.Paolo, insofferente deldisordine, la ammoniva continuamente  anche durantele crisi, con dei cenni  perché si scostasse dalla stufa.Ada, accigliata, guardava in terra, per resistere; per-ché Paolo, sbattendo la testa sul cuscino, gemeva: Ada, ti prego .Aveva ora accessi di dolore al capo,che lo facevano digrignare i denti. Ne abbiamo già fatte tre, oggi,  diceva, cupa, Ada.Alludeva alle punture. Una quarta non la faccio. Tu hai ragione,  gemeva Paolo; poi riprendeva ainvocarla:  Ada!Io provavo compassione, quasi soffrivo di riflesso:trovavo dura Ada.Eppure, nello stesso tempo non pote-vo non ammirare quasi un arte, nell espressione marti-rizzata di Paolo, quasi un arte come se egli volesse affa-scinare Ada.Quando Paolo non gemette piú, ma il suo respiro co-Letteratura italiana Einaudi 54 Lalla Romano - Tetto muratominciò a passare strozzato per un principio d asma, Adamutò d improvviso faccia, da resistente in trepida, solle-cita. Presto!  disse, e si accinse febbrilmente ai prepa-rativi.Dopo l iniezione Paolo si placò, si assopí.Ada disse,rivolta a me: Ti prego, fermati questa sera; rimani con me.«Con me»: Ada poteva dunque, anche lei, provare lasolitudine? Risposi di sí, che sarei rimasta, e intanto laguardavo, come per avere la conferma di aver inteso be-ne; ma già lei si dava da fare, chiudeva le imposte, sorri-deva; era tornata leggera, attiva.Fu bussato, piano, alla porta.Era Nani; in punta dipiedi avanzò zitta zitta, girando gli occhi chiari, quasibianchi, verso «la signora Giulia», con timida compli-cità.Si avvicinò al letto nell intento di farsi ammirare dalbabbo.Paolo aprí gli occhi, distinse sul golfino il nuovogioiello. Come ti sta bene, Nani.Ma chi te l ha dato? La signora,  rispose Nani con la sua gravità. È veramente bello, sai, Nani. Diventerà un po superficiale come me,  concluseAda.Letteratura italiana Einaudi 55 Lalla Romano - Tetto muratoXXAda ed io risalivamo nella stanza, dopo aver cenato.Paolo era rimasto su.A metà scala Ada mi afferrò e mistrinse convulsamente la mano, si tese tutta in ascolto.Giungeva, discorde ma dolce, un suono di voci chiare i bambini che recitavano le preghiere  ma subito do-po, nel silenzio da cripta della scaletta, si udí un raschio,come d una lima.E nella stanza buia, mentre Ada conmani febbrili accendeva il lume a petrolio, il rantolodell asma diventò pauroso, simile al verso di una bestia.Ora Paolo si tendeva nello spasimo di aspettare il re-spiro.Come un lottatore s inarcava, si divincolava.Viera uno spiegamento di forze, un combattimento in cuiuno solo degli avversari era visibile.Il Maggiore, entrato in punta di piedi, interrogavacon gli occhi buoni, rotondi, spaventati, oppure soltantostupiti.Paolo, reso muto dall asma, pareva esplicare una spe-cie di eloquenza, una disperata volontà di persuasione,come uno che, imbavagliato, legato, volesse persuaderegli altri di un pericolo che essi non vedono, di un urgen-za di terrore e di fuga; ed essi, incapaci di comprendere,rimanessero alla loro volta muti, inerti.Ma l occhio di Paolo, lo sguardo in fondo ai suoi oc-chi era pur sempre alieno da sollecitazioni, distaccato etriste.I momenti di tensione aspettando che il respiro sfor-zasse il passaggio, divenivano insopportabili.Ada ed ioci torcevamo le mani; il Maggiore contava, sul suo orolo-gio da polso, i secondi.A un tratto, bruscamente, senza per altro mutareespressione  solo la capigliatura leonina gli dava un ariaun po selvaggia  Paolo buttò via da sé le coperte, sisfilò la giacca del pigiama, la canottiera di lana, e in duebalzi fu alla finestra; la spalancò, per cercare aria.Letteratura italiana Einaudi 56 Lalla Romano - Tetto muratoAda fu lesta: gli buttò addosso  aiutata dal Maggiore la pelliccia del letto.Paolo si accasciò su una sedia; siguardò intorno smarrito, eppur maestoso (come un vec-chio re folle) e il respiro rotto, affannoso, gli tornò nelpetto esausto.Il Maggiore, che aveva cronometrato, si rallegrò,commentando il tempo da record della crisi [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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